Un disco che parla di diritti civili, di libertà, di uguaglianza
Kimeia – Words for Freedom
Esordio con un messaggio forte per KIMEIA, band bergamasca in cui la maggior parte degli elementi non ha ancora raggiunto i 30 anni. Sonorità moderne che accompagnano una voce capace di reinterpretare alcuni standard jazz con arrangiamenti originali accattivanti che strizzano l’occhio al soul, al pop, al funky.
Ascolta “Words for Freedom”
Kimeia – Live Session at Tube Recording Studio
Kimeia – La Band
La formazione è composta dalla giovanissima e solida bassista Chiara Arnoldi, che si destreggia tra cinque e sei corde, si prende il suo spazio raccontandoci una vera e propria storia e ricordandoci che anche il basso può diventare lirico; il pianista Alex Crocetta, che si siede ora al pianoforte acustico ora alla tastiera con estrema naturalezza, accompagnando ed improvvisando con destrezza e quella giusta vena melodica un po’ mediterranea che lo contraddistingue; Lorenzo Beltrami alle percussioni, alla batteria, ai suoni digitali che coadiuvano la sezione ritmica, appare sicuro e molto musicale, giocando con mani e bacchette su un set di batteria dai suoni a tratti molto originali. Marco Gotti Jr e Marco Scotti sono rispettivamente sax tenore e contralto della formazione e si possono ascoltare in sezione, poderosa o morbida ed in assoli dai toni jazzy e anche un po’ funky. Alessia Marcassoli, giovane cantante con solide basi, interpreta le canzoni che ha scelto di cantare, ce le presenta in un racconto pieno di pathos, in equilibrio tra l’essere suadente e ricordare con forza il messaggio che il disco intero vuole trasmettere: “se non ci sono libertà, uguaglianza e pari diritti umani e di genere, non si può parlare di civiltà evoluta”.
Kimeia – I Musicisti
Alessia Marcassoli voce
Marco Scotti sax contralto
Alex Crocetta tastiere
Chiara Arnoldi basso
Marco Gotti Jr sax tenore
Lorenzo Beltrami percussioni
Kimeia – Words for Freedom: i Brani
FOUR WOMEN di Nina Simone apre il disco con forza, prepotenza, raccontando le storie di quattro donne, esempi dell’evoluzione della donna nera nella società dei bianchi. Ritmiche che crescono e si affievoliscono in base ai racconti delle protagoniste, col tenore di Marco Gotti che risponde alla voce, mentre Marco Scotti al sax contralto ci regala un poderoso assolo dai toni funky.
WORK SONG, ancora un brano di Nina Simone, coi fiati che disegnano un’introduzione colorata e morbida, aprono alla suadente voce di Alessia Marcassoli e la accompagnano in un ritornello che induce alla speranza, per poi lanciarsi in un inseguimento che ricorda le battle del tempo delle big band della Swing Era. Un brano con un messaggio forte, che la grande cantante afroamericana ha portato avanti con forza: liberarsi dalle catene diventa l’esigenza di un popolo sottomesso.
I WISH I KNEW HOW un altro brano della formidabile Nina Simone, baluardo della lotta portata avanti grazie a parole e musica. Qui la scelta della band è quella di virare su ritmiche latin con dei riff di fiati molto orecchiabili con un arrangiamento interessante di Torcuato Mariano. “Vorrei sapere cosa si prova ad essere liberi” viene quindi giocata tra bossa e samba, dove Lorenzo Beltrami sembra trovarsi a proprio agio.
MOANIN’ è forse il brano più rock del disco con un arrangiamento nato grazie alla chitarra,, dove gli stacchi dei fiati dettano il tempo con forza come a sottolineare il dolore che Sarah Vaughn ci raccontava, e con la Marcassoli che trova la giusta dimensione per farlo suo e ricordarci che forse, senza sofferenza non si ottiene nulla. Un assolo molto dilatato nel tempo di Marco Gotti Jr completa il brano.
STRANGE FRUIT, una ballad struggente carica di tensione e rivendicazione, sostenuta da un loop di suoni che permettono all’ascoltatore di immergersi in un’atmosfera cupa: quella di una Società che non avrebbe mai dovuto esistere. La band in versione quartetto – senza fiati – prepara una tela tutta da dipingere, dove la voce della cantante altro non è che una pennellata marcata in un dipinto minimalista.
COME SUNDAY, un brano di Duke Ellington completamente rivisto dalla band. Ritmiche drum & bass molto serrate si alternano a momenti di solo voce e fiati che sembrano fluttuare nell’etere cercando un interlocutore superiore. Un solo di basso di Chiara Arnoldi disegna un paesaggio bucolico ed introduce il solo di piano che i fiati solleticano citando “Satin doll” sempre di Ellington. Una preghiera rivolta al cielo quella del Duca, che porta speranza.
LOST IN THE STARS, una ballad struggente eseguita in duo da Alessia Marcassoli ed Alex Crocetta, per immergerci in una dimensione antica ma attuale, dove un pianoforte abilmente accarezzato, crea un tappeto di rara qualità su cui lasciarsi andare cullati dalla morbidezza di una voce sensuale. In un mondo dove l’elettronica sembra vincere una battaglia dopo l’altra, la scelta della band è quella di fare un passo indietro, registrare in acustico in presa diretta voce e pianoforte per quella che potrebbe essere definita la chicca del disco.
SOWETO BLUES, toni africani rivisti dalla formazione, per un brano di Hugh Masekela e Miriam Makeba – Mama Africa – che nonostante le apparenze felici, denuncia avvenimenti cruenti che non andrebbero mai dimenticati accaduti a Soweto, area della città di Johannesburg, Sudafrica ai tempi della apartheid. Qui la band ha reso speciale la canzone registrando le voci di tutti i componenti armonizzate, creando così un morbido coro a più colori su cui un’improvvisazione della cantante si appoggia.
Rassegna Stampa
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